La luce della luna di Sethlans quella mattina era più forte del normale e si rifletteva sugli specchi della navetta con forza, come se li volesse perforare.
Il capitano, un tipo tranquillo, placido, persona di buon senso e saggezza racchiusa in un corpo ancora atletico nonostante l’età, con il volto sempre ricoperto da una barbetta coltivata con cura, stava ispezionando la sala comando.
Niente era in ordine e anche per quel giorno pareva fosse impossibile ripartire.
- Capitano, le condizioni del quinto motore sono ancora disastrose. Quel maledetto meteorite è andato più a fondo del previsto. Cosa dobbiamo fare?
- Cercate di fare più in fretta possibile, ma fate attenzione mi raccomando. Non possiamo permetterci altri errori.
L’ufficiale salutò rigidamente con la mano distesa sul petto e si scivolò via silenzioso, diretto verso la sala macchine.
Qualcosa non andava in quello strano pianeta in cui erano atterrati solo pochi giorni prima.
Atterrati era un eufemismo. Ad essere più precisi, togliendo ogni tipo di romanticheria, si erano schiantati su una vasta distesa di crateri fumanti, distruggendo in parte lo scafo della navetta e frantumando in mille pezzi l’ala destra che già era malconcia.
Quella pioggia di meteoriti così fulminea li aveva colti impreparati e a peggiorare la situazione c’era stato quel collasso dei circuiti elettrici che aveva compromesso ogni possibilità di manovra.
Due problemi al prezzo di uno, un offerta imperdibile per chi ama il rischio.
Probabilmente il pianeta che stavano sorvolando aveva un fortissimo campo magnetico che aveva mandato in panne tutta la sala comando, ma non si spiegava come mai in quel momento, dalle rilevazioni fatte sul terreno non risultasse niente del genere.

Ma in quel momento, Harold J.Stevens, Capitano della navetta mercantile “Alleluia” sentiva che quell’arido globo butterato, portava con se nei suoi viaggi intorno al sole un qualche recondito segreto. E lui non voleva niente a che farne.
Dai crateri vicini alla navetta, fuoriuscivano dei getti di vapore caldo e denso come cotone che si libravano nell’aria rarefatta e salivano in cielo fin verso la luna che in quel particolare periodo dell’anno contrastava con veemenza la luce gialla e calda del sole.
D’altronde erano vicinissimi al satellite bianco che brillava nel cielo come un grosso diamante grezzo, ma prezioso.