Febbraio, la Bestia Grigia. Così descriveva questo mese monco, Clive Barker nella "Casa delle Vacanze" .
Sono passati anni e anni da quando lo lessi, ma da allora per me questo mese è sempre rimasto un'enorme Bestia Immonda.
E gli dedico questo racconto breve che scrissi lo scorso anno per partecipare al FI-PI-LI Horror Festival.
Spesso
non ci sono parole per spiegare ciò che ci accade nella vita, perché molte
volte ciò che proviamo tocca il nostro lato inconscio, la nostra psiche più
profonda e dei sentimenti ancestrali che probabilmente neanche noi riusciamo a
percepire fino in fondo.
Resta
il fatto che ciò che accadde quella mattina, in quella piccola località
balneare in cui mi trovavo, mi sconvolse più di ogni altro fatto che mi sia
capitato nella mia esistenza.
Trovandomi
vicino alla costa, a causa di un workshop realizzato appositamente per i membri
dell’azienda in cui lavoravo a quel tempo, durante una mattina in cui avevamo
alcune ore libere, decisi di incamminarmi lungo la spiaggia per distrarmi un
po’.
Ero
solo e anche un po’ annoiato, per colpa del mostruoso tedio che causavano a me
ed agli altri miei colleghi quelle noiose ore di riunione che l’azienda ci
propinava tutte le mattine di quella settimana definita beffardamente di
“rafforzamento team”.
Mi
chiedevo chi fosse il genio che aveva deciso di realizzare il seminario durante
l’inverno e per giunta in una località balneare, che come prevedibile, durante in
quel periodo era pressoché deserta.
Così
quella mattina ventosa, me ne andavo in giro sul lungomare con la testa
incassata nelle spalle come una tartaruga.
Più
camminavo e più il vento si alzava, mi turbinava nelle orecchie e tentava di
strapparmi il cappuccio della giacca a vento che indossavo.
Ma,
non so perché, continuavo a camminare senza pensieri ben definiti, con lo
sguardo perso nel vuoto, come se una mano invisibile mi trascinasse da qualche
parte.
Senza
accorgermene mi ritrovai su di una banchina di cemento, contro il quale gli
spruzzi di un mare sempre più furioso sbattevano senza tregua, in una lotta
infinita e logorante.
Mi
incamminai incurante degli spruzzi di acqua salata che mi arrivavano sul volto,
anche perché nonostante il vento, non sentivo freddo.
Arrivai
fin sull'orlo della banchina e mi misi a guardare l’orizzonte, dove creste
illimitate di schiuma su onde, cavalcavano il mare sconvolto dal vento che non
smetteva di crescere di intensità.
E
allora lì, sul bordo della banchina, mentre il mio sguardo vagava nelle acque
in tempesta, ebbi come la sensazione di essere osservato da dozzine di occhi.