martedì 22 luglio 2014

Il Respiro più lungo - pt.1

Un mio umile omaggio a H.P. Lovecraft e i suoi racconti d'orrore.

La pioggia tormentava la quieta e apatica cittadina di Castlewich ormai da due settimane.
Negli ultimi tre giorni i caldi raggi del sole non erano riusciti a squarciare il manto di nubi che incontrastate regnavano nei cieli sopra la città, neanche per un momento, e non si prospettava niente di buono anche per la quarta giornata consecutiva.
Le strade erano impregnate d'acqua, e l'asfalto si disfaceva sotto il logorante e incessante martellamento della pioggia, che sferzava gli edifici, gli alberi, le auto e le persone.
Jakob era in città da pochi giorni, alloggiato al piccolo albergo "Excelsior" che di eccellente non aveva niente.
Non si lamentava però. Era abituato a dormire in posti ben più scomodi e fatiscenti, e molto spesso gli era capitato di passare intere settimane a dormire in auto.



Questa volta gli era andata bene: la nuova rivista per cui lavorava, "Il Marchio del Mistero", gli aveva concesso un piccolo rimborso spese e Jakob aveva deciso di approfittarne.
Aveva già scambiato quattro chiacchiere con il receptionist, un uomo di mezza età, zoppo, che aveva difficoltà a portare anche il più piccolo dei bagagli.
Tra un convenevole e l’altro gli aveva rivelato il vero scopo della sua visita in città.
«Lavoro per una rivista che si occupa di paranormale, misteri, e tutto ciò che ha a che fare con l'inspiegabile» aveva spiegato al receptionist, con un certa pomposità.
L'uomo, Robert o più banalmente "Bob", per gli amici, lo aveva guardato senza mostrare alcun segno di interesse, ma si era comunque dimostrato sufficientemente gentile, chiedendogli per quale ragione fosse giunto nell'anonima cittadina di Castlewich.
«Pare che su questa città gravino antichi misteri e oscure leggende. Una di queste, tramandata dalle antiche popolazioni che in passato vivevano qui, racconta che in questo luogo il Signore degli Abissi marini avesse tentato di conquistare la terraferma. »
«Chi sarebbe?» aveva borbottato il concierge, continuando a lucidare un candelabro di ottone.
«Il Signore dei mari, o “colui che Regna negli abissi” è una figura mistica, leggendaria. Un essere metà uomo, metà pesce... il marito della sirenetta, per intenderci» rispose Jakob, tentando di buttarla sul ridere.
Robert non accennò nemmeno ad una smorfia di compiacimento.
«Quindi è venuto per scriverci un articolo... »
«Sì. Tenterò di scoprire qualcosa di più a riguardo. Lei ne sa niente?»
«E' la prima volta che ne sento parlare. E comunque a me non piacciono i misteri.»
La conversazione finì lì, ma quella breve chiacchierata con Bob rimaneva al momento, l'unico vero contatto con gli abitanti di Castlewich.
Tutti si erano dimostrati scortesi, sgarbati, addirittura violenti, ogni qualvolta manifestava l'intenzione di scoprire qualcosa sul misterioso passato di quella piccola città in riva al mare.
Perfino nella piccola biblioteca, sporca e mal tenuta, aveva trovato un muro di gomma a respingerlo nelle sue ricerche.
«Questa è una biblioteca seria, signor Bloomfield. Non una ludoteca dove è possibile passare del tempo leggendo fiabe o favole.»
«Certo che no! La mia è una ricerca seria. Sono un dottore in antropologia, sa? Non vado in giro a perdere tempo.» si risentì Jakob.
In realtà aveva bellamente dimenticato di sottolineare che per ottenere la laurea doveva ancora sostenere tre esami, ma il tono sdegnato dell'acida bibliotecaria dai capelli unti legati con una crocchia sulla nuca, e un grosso neo sopra il labbro, lo aveva irritato in maniera profonda.
«Ricerchi pure cosa le pare, ma non qui. Non abbiamo né tempo, né voglia per stupidaggini.»
Jakob aveva così battuto in ritirata, offeso e stizzito, per evitare alcune velenose battute che aveva già pronte sulla punta della lingua.
La cosa peggiore era che, se non avesse portato a termine il suo compito, il suo contratto per la rivista sarebbe probabilmente diventato carta straccia.
"Il Marchio del Mistero" era solo l'ultima di una serie di riviste per cui aveva lavorato, e in tutte con scarsi risultati.
Sapeva argomentare bene, era arguto e da sempre realmente affascinato dal mistero e dalle leggende, ma da quando aveva iniziato la sua carriera da pseudo giornalista  della para-fantascienza, non aveva cavato un ragno dal buco.
Non che scrivesse male, ma semplicemente non aveva mai trovato niente di veramente interessante per poter pensare di ambire ad una carriera redditizia.
Probabilmente quella era la sua ultima occasione, lo sapeva bene.
Suo padre lo aspettava nell'azienda di famiglia e presto o tardi sarebbe tornato alla carica, dopo averlo "fatto sfogare con le sue manie”, come ripeteva di continuo quando andava a trovare i suoi genitori.
Castlewich era umida, costruita in riva al mare e sapientemente abbandonata al suo destino, dopo il grosso calo delle vendite della specialità del posto, un misto di baccalà e salamoia che non interessava più a nessuno.
Niente di particolare, cose del genere accadevano ovunque e di continuo, e in certe città in declino, la grettezza, la maleducazione e l'estrema riservatezza scontrosa sembravano un tratto distintivo comune.
Jakob però, appassionato di miti e leggende, aveva scovato un strana storia che affondava le sue radici in un passato remoto e nebuloso di cui si avevano poche notizie e per giunta frammentarie o poco attendibili.
Secondo le leggende tramandate dalle popolazioni che, fin dall'alba dei tempi, avevano abitato quella zona umida e poco salubre, ma da sempre ricca di pesce e altre prelibatezze ittiche, il posto su cui era sorta Castlewich, era il luogo di immondi sacrifici umani in onore di un Dio venuto dal mare, un essere abitatore delle profondità del mare, signore supremo dei popoli degli abissi marini.
Un Signore oscuro, un essere che poteva anche essere rappresentato come un Re Tritone, ma che, a leggere bene le poche leggende tramandate per iscritto, e che Jakob era riuscito a recuperare, in realtà era un mostro marino umanoide, assetato di sangue e potere, che sognava di rendere suoi sudditi anche gli esseri umani.
Il giorno dopo Castlewich si risvegliò con una notizia macabra: Henry Mc Arthur, stimato banchiere in pensione, ex sindaco, era morto in circostanze misteriose.
Dalla casa del suo cognato, in cui si era introdotto per recuperare le chiavi del nuovo appartamento della sorella,  Henry non era mai uscito vivo.
Lo aveva ritrovato Fabrice, il cognato tassidermista e biologo.
Un infarto, un colpo apoplettico, la causa più probabile.
A Jakob la notizia non avrebbe destato troppo interesse, se non fosse che Fabrice Delaney lo aveva incontrato pochi giorni prima.
Era stata una delle poche persone a permettergli di porgli qualche domanda sulla sua storia misteriosa.
Delaney era discendente di un famiglia di aristocratici di origine francese che finanziò la costruzione della città.
Qualcosa di oscuro e incerto, forse solo frutto di malelingue invidiose delle ricchezze della famiglia, era uscito fuori su uno degli antenati di Fabrice, il trisavolo Herbert Philippe, uomo burbero e schivo, ma dotato di gran senso degli affari, considerato che da solo aveva accumulato gran parte della fortuna della famiglia.
Alcuni sostenevano fosse un adepto di una setta occultista che venerava strani demoni.
Niente di certo era venuto a galla.
Fabrice lo aveva accolto nella sua villetta ai margini della città con grande cordialità e ospitalità, mostrandogli orgoglioso la sua collezione di animali mummificati.
Una di queste, il suo pezzo pregiato, come amava definirlo, era un essere deforme, imbalsamato, molto simile ad un uomo metà pesce.
In giro per il mondo si trovavano tante false mummie, frutto di abili camuffamenti, notoriamente fraudolente, che per anni era state reclamizzate come prove inconfutabili dell'esistenza delle Sirene.
Jakob ne aveva viste molte, ma quella che spiccava nella vetrina dello studio di Fabrice Delaney aveva un che di diverso e inquietante.
Per un attimo arrivò persino a pensare che fosse autentica.
La sue pelle, squamosa, non sembrava la solita contraffazione che si vedeva tipicamente nelle imitazioni più ardite e raffazzonate visibili in gallerie o bazar di infimo ordine, che esponevano paccottiglia dell’orrore e misteriosa creata ad arte.
Fabrice per un attimo sembrò soddisfatto dall'incredulità e il dubbio che era apparso sul volto di Jakob, ma si limitò soltanto ad un mellifluo sorriso che lasciava spazio a varie interpretazioni.
«La mia famiglia è stata sempre oggetto di strane attenzioni. Ma non ho niente da nascondere, per questo le ho permesso di incontrarmi, sebbene sia molto impegnato» rispose Fabrice, quando Jakob iniziò porgli alcune domande.
«Conosce qualcosa di più, riguardo all'antico passato di Castlewich?»
«Non molto. I miei antenati erano da sempre esperti nel campo ittico. Vedendo che la zona era propizia, iniziarono a porre i primi mattoni per la fondazione della città... dapprima avviando una succursale dell'azienda di famiglia. La cosa funzionò, e così…»
«E la storia del Signore degli Abissi? Il Dio Tritone?»
«Ah, quella... ogni luogo del mondo ha le sue leggende.»
«Eppure nella sua collezione fa bella mostra uno strano essere metà uomo, metà pesce. E' solo un caso?»
«Solo un caso.»
«Dove l'ha trovata, signor Delaney?»
«Non l'ho trovata, signor Bloomfield. E' una mia creazione.»
«Quindi, un falso?»
«Non ho detto questo.»
Jakob lo guardò con sospetto.
«Se non fosse un falso sarebbe da esporre in un museo. Si rende conto della enormità di una scoperta del genere? Posso vederlo meglio?»
«Mi spiace signor Bloomfield. Non posso mostrarglielo nuovamente, mi perdoni. Non voglio sembrare sgarbato ma devo invitarla ad andarsene. Ho un impegno urgente.»
«Ma... come? Se ritiene che l'abbia offesa in qualche modo io... io chiedo umilmente scusa.»
«No, non si preoccupi» si affrettò a rispondere Delaney  «vedo però che lei è comunque fortemente interessato a questa storia. Bene, la inviterò nuovamente prima che parta. Ho una sorpresa che credo potrà piacerle.»
Detto questo, Delaney lo aveva accompagnato alla porta senza degnarlo di una risposta ad i suoi tentativi di carpire qualche informazione in più.
Dopo la morte dell'ex sindaco, Jakob pensava che il nuovo invito da parte del misterioso Delaney fosse saltato.
Ma proprio mentre si apprestava mestamente a fare le valigie in vista di un deludente ritorno a casa, e pregustando amaramente la probabile fine della sua collaborazione al "Marchio del Mistero", il concierge lo chiamò al telefono, invitandolo a scendere. Qualcuno lo stava aspettando.
Nell'atrio dell'hotel un uomo allampanato, con un colorito cinereo nel volto, si presentò come l'assistente del maestro Fabrice Delaney.
«Il Maestro gradirebbe ospitarla stasera a cena a casa sua.»
«Accetto volentieri. Pensavo che, a causa del... beh, ecco… del lutto, il signor Delaney avesse altro a cui pensare.» obiettò Jakob.
«Il Maestro è addolorato per la recente scomparsa del suo cognato, ma la notte che sta per giungere è stata fin troppo attesa da tutti noi.»
«Tutti noi?» domandò Jakob.
Ma l’ignoto assistente di Delaney lasciò cadere la domanda nel vuoto.
«La prego di essere puntuale. Ceniamo alle 8.»


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